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Caso Regeni, dichiarazioni choc della giornalista egiziana. Ingiurie e offese nei confronti del ricercatore ucciso… uno sfogo insensato

 

Incredibile e scioccante sfogo della giornalista egiziana sulla rete saudita Al Arabiya. Ad essere trattato è il caso relativo alla morte di Giulio Regeni. Rania Yassen, la presentatrice in onda, dà la notizia: un’indagine è stata aperta contro l’agenzia di stampa Reuters dalle autorità, con l’accusa di aver diffuso notizie false a proposito del caso di Giulio Regeni. Poi l’assurdo sfogo:

“Voglio dirvi una cosa, tutto questo interesse per il caso Regeni a livello internazionale, come in Gran Bretagna e Usa. Tutto ciò indica una sola cosa: siamo davanti ad un complotto! Come se Regeni fosse il primo caso di omicidio in tutto il mondo!”.

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E non contenta la giornalista continua, spiegando che sono tanti i casi di egiziani spariti in tutto il mondo in particolare in Paesi come Italia e Usa: “dove le bande mafiose fanno di tutto”. Poi si scatena accorata con le offese: “All’inizio francamente sentivo pietà nei suoi riguardi, un ragazzo ucciso, ma adesso basta, che andasse al diavolo!” . Infine lascia intendere che Regeni appartenesse ai servizi segreti e chiude il servizio: “Non rompete insomma, siamo davvero stufi di voi”.

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L’omicidio di Giulio Regeni è stato commesso in Egitto tra gennaio e febbraio 2016. La scomparsa del giovane è stata denunciata proprio il 25 gennaio dalla studentessa Noura Wabby, amica di Regeni conosciuta nel 2014 a Cambridge, con cui aveva appuntamento in piazza Tahrir per festeggiare il compleanno di un amico.

Regeni era un ricercatore italiano dell’Università di Cambridge. A quanto sembra è stato rapito proprio il 25 gennaio 2016, giorno del quinto anniversario delle proteste di piazza Tahrir, e il suo corpo è stato ritrovato il 3 febbraio successivo.

Le condizioni del corpo, ritrovato vicino al Cairo in un fosso lungo l’autostrada Cairo-Alessandria, hanno fatto pensare che il giovane ricercatore sia stato torturato, forse a causa dei legami che Regeni aveva con il movimento sindacale che si oppone al governo del generale al-Sisi. 

Subito dopo il ritrovamento del cadavere, il generale Khaled Shalabi (direttore dell’amministrazione generale delle indagini di Giza) dichiarò che Regeni era stato vittima di un semplice incidente stradale, smentendo inoltre che vi fossero tracce di proiettili o accoltellamenti. In seguito la polizia egiziana sostenne che l’omicidio poteva essere avvenuto per motivi personali.

Funzionari egiziani ed italiani hanno condotto autopsie separate sul corpo di Giulio Regeni. La relazione ufficiale forense egiziana del 1° marzo 2016 attesta che il ricercatore italiano fu interrogato e torturato per un massimo di sette giorni a intervalli di 10-14 ore prima di essere infine ucciso, mentre i risultati dell’autopsia egiziana non sono ancora stati resi pubblici. Un rapporto di 300 pagine contenente i risultati dell’autopsia italiana è stato consegnato all’ufficio del pubblico ministero presso la Procura della Repubblica di Roma (competente per reati in danno di italiani all’estero) e smentisce precedenti indiscrezioni su segni di scosse elettriche somministrate ai genitali di Regeni.

Il 24 marzo 2016 la polizia egiziana ha ucciso in una sparatoria quattro uomini, inizialmente indicati come probabili responsabili di sequestro di persona in danno del Regeni. Il Ministero dell’Interno egiziano, tramite un post sul proprio profilo ufficiale su Facebook, ha affermato che la banda criminale uccisa era specializzata nei rapimenti di cittadini stranieri al fine di estorcere loro denaro.

In seguito, l’ufficio del procuratore di Nuovo Cairo ha negato che la banda criminale fosse coinvolta nell’omicidio.

Il 10 marzo 2016 il Parlamento europeo a Strasburgo ha approvato una proposta di risoluzione che ha condannato la tortura e l’uccisione di Giulio Regeni e le continue violazioni dei diritti umani del governo di al-Sisi in Egitto. La risoluzione è stata approvata con ampia maggioranza. 

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 Caso Regeni, l’intrigo si infittisce. Sembra che Giulio sia stato arrestato dalla polizia egiziana il giorno della scomparsa. Il Cairo smentisce immediatamente, ma qualcosa non torna…

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