Fatta la legge trovato l’inganno. Deve essere un proverbio noto in tutto il mondo, ma in Italia è divenuto legge di vita, riferimento comportamentale per evitare come la peste tutti i ‘tranelli’ che questo Stato ‘ingordo’ pone ostacoli sulla strada di noi onesti cittadini. E così, non appena si è cominciato a parlare di cashback, super cashback, ‘ultra-cashback’, gli italiani hanno iniziato ad inveire: “No, io non lo farò mai. Ci vogliono controllare. Io non voglio far sapere a nessuno cosa acquisto”.
Beh, c’è chi quello che acquista non lo vuole far sapere manco alla moglie, ma questo è un altro discorso. Fatto sta che quando il cashback, ovvero la possibilità di ricevere uno ‘sconto’ a patto di utilizzare le proprie carte di credito e non il contante, è partito e gli italiani si sono visti accreditare sul conto virtuale una minima parte delle loro spese è iniziata tutta un’altra storia. Fino alla nascita di un nuovo esemplare italico: il furbetto delle microtransazioni. (Continua a leggere dopo la foto)
È successo che uno di questi furbetti del rimborso ha provato a fare la ‘genialata’ : 62 transazioni in soli 55 minuti in una pompa di benzina. Un episodio che, ovviamente, è giunto alle orecchie di chi questo famoso cashback lo ha fatto partire, lo deve valutare e semmai rinnovare. Ma, a questo punto, il ministero dell’economia potrebbe pure bloccare fino a dicembre il primo semestre dei fatidici 1500 euro, traguardo di spesa necessario per poter ottenere il primo rimborso di 150 euro. ( (Continua a leggere dopo la foto)
“Quando sono arrivato all’alba – ha spiegato il responsabile della pompa di benzina dove si è verificato il ‘misfatto’ – per aprire e ho visto due metri e mezzo di scontrini, ho pensato che nella notte l’automatico aveva lavorato tantissimo”, ha raccontato al quotidiano il titolare della pompa di benzina. “Ma è bastata un’occhiata agli importi degli scontrini per capire che i conti non tornavano. Ho anche contattato i carabinieri di Caraglio: tutto perfettamente regolare”. (Continua a leggere dopo la foto)
L’episodio è avvenuto ai primi di febbraio in un distributore della Ip di Caraglio, nel cuneese e ha fatto naturalmente il giro di tutti i media. E non si tratta dell’unico caso. La stessa storia si era verificata anche a fine gennaio in provincia di Cremona, a Trescore Cremasco. E adesso il governo sta pensando di intervenire per porre un freno a quella che rischia di diventare una nuova, meravigliosa, usanza tipicamente italiana.
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