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Branchi e prede. È dittatura del politicamente corretto?

La campagna abbonamenti della As Roma parla chiaro: “La caccia ricomincia. Unisciti al branco”. Nulla di strano se si pensa al simbolo storico della squadra capitolina. La Lupa, appunto. Di qui la trovata di restare in campo faunistico nella realizzazione dello slogan promozionale. Fatto sta che il motto non è piaciuto al sindaco di Roma, Ignazio Marino, secondo il quale la trovata non sarebbe delle migliori perché evoca la violenza. “Branco” è difatti usato quando i cronisti narrano di aggressioni e violenze a danni delle donne perpetrate da un gruppo. O aggressione a sfondo razziale. Polemica quella di Marino, polemica la replica. Che vogliamo sintetizzare ragionando sul politicamente corretto. Che, si sa, è una moda, talvolta un obbligo. Quando ci vuole, ci vuole. Nulla da dire. Ma forse è un errore pensare che il politically correct sia un dogma. Insomma, applicarlo a tutto non è anche un limite alla fantasia, oltre che alla libertà di espressione? Sempre, sia chiaro, quando non lede l’altrui dignità. Peraltro, premesso che un paio di tette (di solito criticabili) non c’azzeccavano granché, mettendosi nei panni dei comunicatori ingaggiati dalla Roma, abbinare un agnello e la sua docilità a una squadra che vuol mangiarsi le concorrenti per il titolo non sarebbe stato di sicura riuscita. E, allora, finché si può, divertimose. Con leggerezza.


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