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L’aggressione a Salvini? Ecco le responsabilità della stessa Lega nord secondo la questura

La polemica sull’aggressione subita da Matteo Salvini non si è ancora spenta e si cerca ancora di capire come siano andate realmente le cose. Se, in altri termini, c’è stato qualche errore anche da parte dei militanti leghisti. Ora sono gli ordini di servizio della polizia a ricostruire quanto accaduto smentendo la versione del leader del Carroccio quando ha dichiarato che gli era stato “impedito di entrare”. E dimostrano infatti come l’attacco violento degli appartenenti ai centri sociali poteva essere evitato se Salvini avesse rispettato il programma messo a punto dal questore Vincenzo Stingone proprio per evitare qualsiasi tipo di contatto con gli estremisti. Dunque, c’era un dispositivo di sicurezza per proteggere il segretario del Carrocio, ma avrebbe preferito evitarlo. E, difatti, secondo la ricostruzione proposta dal Corriere della Sera, sabato mattina non avrebbe avvisato la questura di Milano della partenza e quella di Bologna del suo arrivo, come invece si era impegnato a fare. E questo nonostante le norme prevedano che le personalità sotto tutela siano sempre obbligate a comunicare costantemente i propri spostamenti, i mezzi utilizzati e i luoghi di sosta e di soggiorno.

(continua dopo la foto)

 


 

Il 6 novembre, quando i funzionari dell’ufficio scorte di Milano confermano ai colleghi di Bologna la scelta di Salvini di visitare il campo nomadi la mattina dell’8 novembre, la Digos prende accordi con funzionari della Lega nord per avere comunicazione di tutti gli spostamenti. Viene stabilito che prima di arrivare al casello autostradale avviseranno il capo della polizia di prevenzione per attivare la staffetta di auto, in modo che la vettura del segretario abbia la scorta fino a destinazione. Si decide anche di predisporre un presidio fisso in servizio di ordine pubblico in via Erbosa, di fronte all’ingresso dell’accampamento rom. Vengono impiegati 80 uomini, la maggior parte a protezione dell’entrata secondaria che sarebbe stata utilizzata per l’accesso. Nelle prime ore di sabato la questura di Bologna apprende che Salvini ha rifiutato di essere accompagnato nel viaggio. Si decide così di contattare una rappresentante leghista, indicata dal partito per l’organizzazione della visita e i rapporti con la polizia, per avere aggiornamenti. Alle 11:50, non ricevendo alcuna notizia, il capo della Digos di Bologna invia un sms alla stessa “sherpa” leghista per sapere a che punto del viaggio siano scoprendo che Salvini era poco più di un chilometro dall’ingresso del campo. Il funzionario comunica alla leghista di attendere perché invierà immediatamente la staffetta sul piazzale e le raccomanda di non far muovere la vettura di Salvini. Neanche due minuti dopo è lei a richiamare per chiedere aiuto “perché siamo stati aggrediti”. E anche i sindacati della Polizia di Stato protestano: “Noi c’eravamo ed era tutto organizzato a sua protezione. Loro hanno cambiato il programma”.

 

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