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Le nuove divise Alitalia hanno scatenato un putiferio. Selvaggia Lucarelli ha persino manifestato solidarietà alle hostess per via del colore delle calze, altri hanno definito gli abiti troppo castigati. Ora, però, parla lo stilista e spiega tutto

  • Costume

 

Le nuove divise del personale Alitalia hanno scatenato un putiferio. Critiche su critiche, dalla rete ai giornali, chi non ha gradito la scelta dei colori e chi ha accusato lo stilista di essersi ispirato alla cultura araba e non a quella italiana. Anche Selvaggia Lucarelli, per dire, ha pensato bene di dedicare un post velenoso: ”L’ultima (e la prima volta) che ho indossato i collant verdi ero alla recita scolastica e facevo il cespuglio parlante. Molta solidarietà alle hostess di Alitalia, davvero”. Così l’Huffington Post ha intervistato lo stilista della nuova collezione di divise, Ettore Bilotta.

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Bilotta, designer italiano indipendente, ha spiegato così come è arrivato a creare quelle divise che sono finite al centro della polemica. Partiamo dalle tanto criticate calze verdi di cui parla anche la Lucarelli: ”Sono state molto criticate, ma sono stato io a volerle così: le calze color carne sono orrende e sanno di antico – dice Bilotta – Ho voluto portare un cambiamento: l’Alitalia è attualmente l’unica compagnia a utilizzare calze di un colore così particolare. Colore che non ho affatto scelto a caso: ho passato in rassegna più di 50 tonalità di colore prima di scegliere queste. Inoltre ho pensato anche alla comodità: le hostess sono costrette a portare calze tutto il giorno e ho proposto quattro tipi di pesantezze diverse proprio per conferir loro il massimo del comfort”.

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Sulle critiche da parte di chi ha visto in questi abiti un’influenza della cultura araba, Bilotta sottolinea: ”C’è chi ha anche insinuato che io fossi musulmano, ma non è così. Non sono musulmano. Se gli abiti sembrano troppo ‘castigati’, me ne assumo tutta la responsabilità. Volevo creare delle divise non volgari che fossero eleganti e glamour anche senza il bisogno di scoprire troppo. Se non lasciano trasparire ‘neanche un pezzettino di pelle’, come ho sentito dire, è perché non ne hanno bisogno. E non è neanche vero che ho seguito dei ‘dettami’ da parte di Etihad: Alitalia stessa ha fornito delle linee guida, delle ‘sensazioni’ che dovevo seguire. Richiedevano semplicemente abiti che rendessero ‘tangibile’ l’inconfondibile stile italiano e che calzassero alla perfezione ad una donna elegante. Questo ho cercato di fare: creare divise inconfondibili”.

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Per il designer più che divise sono abiti, tanto è vero che ”il logo è presente soltanto sul cappellino e sulla borsetta: volevo che lo stile e l’eleganza italiana fossero riconoscibili a prima vista, senza bisogno di far caso ai loghi – prosegue – Questi abiti sono una rivisitazione della moda anni ’50, con un’inversione di tendenza rispetto alla tradizione. Per i colori, rosso con le calze verdi per il personale di volo e verde con calze rosse per il personale di terra, mi sono ispirato a quelli della nostra bandiera, anche se ho fatto un sogno che mi ha aiutato a definirne le tonalità. Per il cappellino, il cui ritorno è stato apprezzato da molte dipendenti, ho preso ispirazione dai terrazzamenti delle Cinque Terre, un luogo che amo particolarmente”.

In conclusione, quando il giornalista dell’Huffington gli chiede il motivo di tutto questo polverone alzato dalle sue divise, Bilotta risponde sicuro: ”Sono consapevole che il mio gusto non possa piacere a tutti, ma ci sono dei canoni di bellezza a cui mi sono ispirato. Credo che il motivo per cui le divise abbiano suscitato tanto scalpore è perché sono nuove. E la moda, si sa, distrugge e poi ricostruisce”.

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