Un lungo applauso ha salutato per l’ultima volta Marta Marzotto. I funerali della stilista morta venerdì, a 85 anni, dopo una breve malattia si sono svolti questa mattina nella chiesa francescana di Sant’Angelo. Sull’altare i ricordi dei nipoti, in primis quello della prediletta Beatrice Borromeo. ”Il mio primo ricordo è un enorme uovo di Pasqua — racconta quasi sorridendo —. Sono tante, troppe le cose eccessive e diseducative che la nonna ha fatto per noi. Durante i viaggi con lei era tutto permesso:”.
”L’unica regola in vacanza – prosegue – era tornare alle 7 mattino mentre lei rincasava alle 8, con le scarpe in mano, ma era straordinariamente generosa”.
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Gli ultimi mesi, quando le si chiedeva come stesse, “lei ci rispondeva: ‘Ti fidi che sto benissimo? Non sono mai stata meglio.’ Nessuno potrà farmi sentire un po’ meno la sua mancanza. – racconta ancora Beatrice – Il suo spirito libero e colorato non se ne andrà via oggi. Adesso vola lassù – ha concluso Beatrice – a chiacchierare con la zia Annalisa, ad abbracciare Renato e a far capire a tutti anche lassù cosa sia una vera festa. Ci mancherai tanto nonita mia”.
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Poi, quello commosso del figlio più piccolo, Matteo, che quasi non riusciva a parlare, con gli applausi ad incoraggiarlo. ”Diceva sempre che voleva essere ricordata con un sorriso — sottolinea —, non c’è foto in cui lei non sia sorridente. E sappiate che se n’è andata sorridente”.
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La bara è stata portata in chiesa a spalla dai nipoti. Sui banchetti anche alcune foto ricordo della “regina dei salotti”. “Marta voleva una festa, la musica. C’è sofferenza nel cuore, ma la morte non è un punto, è un punto e virgola” ha detto don Davide Banzato della comunità Nuovi Orizzonti, che ha celebrato la messa. Parlando con amici e parenti, il religioso ha detto di essersi fatto un’idea di come fosse la contessa: “In Marta c’era fame di vita, generosità, capacità di accoglienza, era sempre capace di sorridere alla vita e di essere se stessa, nel bene e nel male. E poi – ha concluso il religioso – era mamma: non voleva caricare troppo chi aveva vicino della sofferenza che stava vivendo”.